I prodotti a marchio DOP e IGP toscani

DOP: denominazione d’origine protetta

IGP: indicazione geografica protetta

Denominazione Origine Protetta

E’ un marchio attribuito dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli o alimentari le cui peculiari caratteristiche qualitative sono strettamente interdipendenti dalla zona geografica in cui avviene tutto il processo produttivo.
La cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata.

Indicazione Geografica Protetta

È il marchio di origine attribuito dall’Unione europea a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità̀, la reputazione o altre caratteristiche dipendono dall’origine geografica.
La produzione e/o trasformazione e/o elaborazione di tali materie prime avvengono nella zona geografica delimitata.

Prodotti Alimentari Tradizionali

Sigla italiana coniata per identificare quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, ovvero praticate sul territorio interessato in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai 25 anni.

Specialità Tradizionale Garantita

STG è un marchio che tutela a livello comunitario le produzioni agricole o alimentari tradizionali la cui specificità, intesa come elemento che distingue nettamente un prodotto agricolo o alimentare da altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti alla stessa categoria, è riconosciuta dalla Comunità come tradizionale,tale riconoscimento può essere concesso solo laddove possa essere attestato un uso del prodotto o alimento, sul mercato comunitario, da un periodo di tempo che denoti un passaggio generazionale, cioè almeno 25 anni. Questa certificazione si rivolge a prodotti agricoli che abbiano una specificità, in termini di metodo di produzione legata alla tradizione di una zona, ma che non vengono necessariamente prodotti in tale zona.

DOP toscani

  1. Cinta Senese DOP
  2. Farina di castagne della Lunigiana DOP
  3. Farina di Neccio della Garfagnana DOP
  4. Marrone di Caprese Michelangelo DOP
  5. Miele della Lunigiana DOP
  6. Olio extravergine di oliva Chianti Classico DOP
  7. Olio extravergine di oliva Lucca DOP
  8. Olio extravergine di oliva Seggiano DOP
  9. Olio extravergine di oliva Terre di Siena DOP
  10. Pane toscano DOP
  11. Pecorino delle Balze Volterrane DOP
  12. Pecorino Romano DOP
  13. Pecorino Toscano DOP
  14. Prosciutto Toscano DOP
  15. Salamini Italiani alla Cacciatora DOP
  16. Zafferano di San Gimignano DOP

IGP toscani

  1. Agnello del Centro Italia IGP
  2. Cantuccini Toscani / Cantucci Toscani IGP
  3. Castagna del Monte Amiata IGP
  4. Fagiolo di Sorana IGP
  5. Farro della Garfagnana IGP
  6. Finocchiona IGP
  7. Fungo di Borgotaro IGP
  8. Lardo di Colonnata IGP
  9. Marrone del Mugello IGP
  10. Mortadella Bologna IGP
  11. Mortadella di Prato IGP
  12. Olio extravergine di oliva Toscano IGP
  13. Panforte di Siena IGP
  14. Ricciarelli di Siena IGP
  15. Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP

I prodotti DOP

Le carni DOP toscane

La Cinta Senese la denominazione della carne ottenuta dall’allevamento brado/semi brado di suini di razza Cinta Senese.
Questa razza si caratterizza per avere taglia media, con cute nera, setole nere poco folte, ed una caratteristica fascia bianco rosata (una sorta di cintura) che cinge torace.
La presenza della razza in Toscana ha origini antichissime.
La Regione Toscana, La Provincia di Siena, L’Associazione degli Allevatori Senesi ed altri Enti preposti hanno fatto un notevole sforzo, incentivando anche con contributi l’acquisto ed il mantenimento dei riproduttori, al fine di raggiungere un numero sufficiente di animali atto a togliere la Cinta Senese dalla lista delle specie in estinzione. Gli allevatori hanno reintrodotto questa razza autoctona, e quasi estinta, diffondendola nuovamente in tutta la Toscana e conservando le modalità tradizionali di allevamento riescono ad ottenere carni la cui fama nota nel mondo.
In pratica l’allevamento consiste nel “pascolamento” degli animali, che si cibano da quanto fornito dal pascolo; l’alimentazione è costituita prevalentemente di tuberi, radici e materiale organico del tappeto erboso.
Le carni risultano caratterizzate da un maggiore contenuto di grasso intramuscolare, tipico della razza ma esaltato dal tipo di allevamento. Nella carne “Cinta Senese” risulta interessante anche la composizione degli acidi grassi insaturi, influenzata dall’alimentazione costituita dall’essenze tipiche dei boschi e dei pascoli toscani, in cui risulta una maggior quantità di acido oleico, precursore di aromi favorevoli alle caratteristiche organolettiche della carne, ed una minor percentuale di acido linoleico, che in quantità eccessive portano a scadimento della qualità del prodotto.

Per la fabbricazione del prosciutto toscano DOP si utilizzano le cosce di suino fresche di animali nati, allevati e macellati nelle seguenti regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio e Toscana, rispondenti ai requisiti del disciplinare di produzione.

Il prodotto finito si presenta di forma tondeggiante, di peso normalmente intorno agli 8-9 Kg; la fetta tagliata si presenta di colore dal rosso vivo al rosso chiaro con scarsa presenza di grasso infra ed intramuscolare.

Si chiamano cacciatori o cacciatorini i salami di piccola taglia, asciutti e compatti, caratterizzati da un colore rosso rubino, nei quali i granelli di lardo sono distribuiti in maniera uniforme.

La materia prima è costituita principalmente da carni magre derivanti dalla muscolatura striata delle carcasse di suino, grasso suino duro, sale, pepe a pezzi o macinato e aglio. Possono essere addizionati con vino, zucchero (destrosio, fruttosio, lattosio), latte (magro o in polvere), nitrato di sodio e di potassio, acido ascorbico e loro sale sodico. Tutto il preparato viene insaccato in budelli naturali e artificiali.

I prodotti a base di castagne DOP

La Lunigiana rappresenta un enorme castagneto: il castagno è infatti la pianta tipica della Lunigiana e i prodotti derivati costituiscono un mercato tipicamente stagionale, ma abbastanza importante. La farina di castagne della Lunigiana è contraddistinta da una consistenza molto fine e da un colore avorio-crema. Ha sapore dolce e un intenso profumo.

Il vocabolo “neccio” nella zona della Garfagnana assume il significato di “castagno” ed ha origini molto antiche.La Farina di Neccio della Garfagnana si presenta finissima al tatto e al palato, di colore variabile dal bianco all’avorio scuro e con odore tipico delle castagne. Tra le ricette tipiche troviamo infatti la polenta di farina di neccio, il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di “neccio” ed è prodotto con farina, acqua e sale.

Il marrone di Caprese Michelangelo ha pezzatura medio-grande (70-85 frutti/Kg), ed è caratterizzato da una particolare profumazione e da un sapore molto dolce. Date le sue caratteristiche organolettiche, è ottimo arrostito, glassato, pelato e bollito.

Gli olii extravergine di oliva DOP

L’olio extravergine di oliva Chianti Classico è costituito per almeno l’80% da piante delle varietà Frantoio, Correggiolo, Moraiolo e Leccino da sole o congiuntamente, e per un massimo del 20% da piante di altre varietà della zona.

Ha un colore da verde intenso a verde con sfumature dorate, un odore netto di olio di oliva e fruttato e un sapore piccante e leggermente amaro. La presenza di note aromatiche rende quest’olio ottimo su minestre a base di legumi e su piatti della tradizione Toscana come la ribollita e la panzanella.

Le cultivazioni che concorrono alla formazione dell’olio extravergine di oliva “Lucca” sono il Frantoio fino al 90 %, Leccino fino al 30 % e altre varietà minori fino al 15 %.

uIl gusto, fruttato di oliva da leggero a medio, fondamentalmente dolce e con sensazioni di piccante ed amaro.

uLa raccolta che da fine ottobre a fine dicembre.

uIl colore è giallo con toni di verde più o meno intensi.

L’olio extra vergine di oliva è ottenuto, per almeno l’85%, dalle drupe della cultivazione: “Olivastra di Seggiano”; sono ammessi i frutti di altre varietà toscane presenti negli oliveti fino ad un massimo del 15% del totale.

Il prodotto presenta le seguenti caratteristiche organolettiche: colore dal verde al dorato; odore fresco, pulito netto di oliva; sapore: punta di dolce, medio basso di carico piccante e amaro.

L’olio Terre di Siena è prodotto con olive provenienti da almeno due delle seguenti varietà, presenti singolarmente per almeno il 10% e congiuntamente in misura non inferiore all’85%: Frantoio, Correggiolo, Moraiolo e Leccino. Possono concorrere altre varietà ma in misura non superiore al 15%.Quest’olio ha un colore dal verde al giallo con variazioni cromatiche nel tempo, un odore fruttato e un sapore che presenta note di amaro e piccante.

Deve essere prodotto esclusivamente con olive sane colte direttamente dalla pianta entro il 31 dicembre, eventualmente conservate in appositi locali freschi e ventilati per non più di tre giorni dalla raccolta e trasformate entro le ventiquattro ore dal conferimento nei frantoi.

In cucina, a crudo, è ottimo per condire le minestre tipiche della regione a base di legumi (minestra di fagioli), sulla ribollita, sulla tradizionale panzanella, nel pinzimonio o sulla bruschetta; a cotto è indicato per la realizzazione di arrosti, umidi, ed anche per friggere.

Prodotti caseari DOP

È prodotto esclusivamente con caglio vegetale e latte ovino crudo intero, prodotto da capi allevati con sistema semi-brado, caglio vegetale ricavato dalle infiorescenze di cardo o carciofo selvatico e sale fino. Rispondente, a seconda del periodo di stagionatura, a quattro diverse tipologie:

  • “fresco”, da 7 giorni a 44 giorni di conservazione;
  • “semistagionato”, da 45 giorni a 6 mesi di stagionatura;
  • “stagionato”, da 6 mesi a 12 mesi di stagionatura;
  • “da asserbo”, oltre 12 mesi di stagionatura.

Il sapore ha aromi di fiore e di vegetale, caratteristiche che diventano sempre più intense con l’aumentare del periodo di stagionatura, accompagnandosi ad una forte pungenza e sapidità e ad una leggera allappatura nei tipi “stagionato” e “da asserbo”.

Prodotto esclusivamente da latte di pecore allevate nei pascoli naturali del Lazio, della Sardegna e della provincia di Grosseto.

Il Pecorino Romano, dopo 5mesi di stagionatura, può essere consumato come formaggio da tavola, accompagnato da frutta e verdure fresche. Superati invece gli 8 mesi di stagionatura, viene usato come formaggio da grattugia, condendo i piatti tipici della cucina romana, come l’Amatriciana o gli spaghetti “cacio e pepe”.

Il pecorino Toscano DOP viene prodotto con latte intero di pecora sarda, con aggiunta di caglio di vitello o presame vegetale;

Il colore della crosta è giallo con tonalità variabile mentre la pasta è bianco-paglierino di sapore delicato, con una leggera vena piccante.

Può essere consumato come formaggio da tavola o da grattugia secondo il grado di stagionatura. Sia stagionato che fresco, si accompagna bene con miele, marmellata, frutta e verdure fresche di stagione.

Altri prodotti DOP

La denominazione di origine protetta “Miele della Lunigiana” è riservata a due tipologie: miele di acacia e miele di castagno.

Il miele di acacia della Lunigiana si mantiene a lungo liquido e limpido. Il colore è molto chiaro, da pressochè incolore a giallo paglierino. L’odore è leggero, poco persistente, fruttato, confettato, simile a quello dei fiori. Il sapore è decisamente dolce, con leggerissima acidità e privo di amarezza. L’aroma è molto delicato, tipicamente vanigliato, poco persistente e privo di retrogusto. La consistenza è sempre viscosa.

Il miele della Lunigiana di castagno si mantiene per lungo tempo allo stato liquido. Il colore è ambra scuro, spesso con tonalità rossastra. L’odore è forte e penetrante; il sapore persistente con componente amara più o meno accentuata e retrogusto dai caratteri simili a quelli dell’odore.

Il “Pane Toscano” è un pane bianco, poichè ottenuto utilizzando come materia prima la farina di grano tenero, oltre che l’acqua e il lievito madre (lievito naturale). E’ contraddistinto da caratteristiche specifiche, in particolare la conservabilità, l’alveatura fine della mollica di colore bianco-avorio, l’elevata digeribilità, il sapore caratteristico ed il profumo tipico di nocciola tostata , la crosta friabile e croccante ma con un certo grado di elasticità, il colore dorato, nocciola chiaro. Il “Pane Toscano” è sciocco, cioè prodotto senza aggiunta di sale e, proprio questa caratteristica, lo accompagna ottimamente con i cibi saporiti, come gli insaccati, che, nella tradizione toscana, sono particolarmente sapidi (come il prosciutto od il salame toscano).

Lo “Zafferano di San Gimignano” è costituito esclusivamente dalla parte di colore rosso aranciato, sottoposta a tostatura, degli stimmi dei fiori di “Zafferano”.
Gli stimmi si presentano in filamenti sfrangiati alla sommità.

Dopo la tostatura, il loro colore vira da aranciato in un caratteristico rosso bordeaux. Gli stimmi devono essere commercializzati integri.

I prodotti IGP

Le carni IGP

uQueste razze, specializzate nella produzione di carne o a duplice attitudine (carne/latte).

Il metodo d’allevamento di questi agnelli, per cui è richiesto il marchio IGP, consiste nell’allattamento naturale delle madri fino allo svezzamento. In seguito la base alimentare deve essere rappresentata da fieni provenienti da prati naturali o artificiali della zona geografica indicata.

La macellazione deve essere compiuta su agnelli che hanno un’età compresa tra i 50 e i 130

L’areale di riferimento dell’agnello dell’Italia centrale comprende sei Regioni del Centro Italia (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo).

La Finocchiona IGP è un insaccato di carne di maiale, aromatizzato con il finocchio.

La Finocchiona IGP, insaccata in un budello naturale o ricomposto, ha una forma cilindrica e sulla superficie esterna è visibile una caratteristica impiumatura dovuta alle muffe che si sviluppano naturalmente durante la fase di stagionatura.

La fetta presenta un impasto con particelle di grasso distribuite in modo da avvolgere le frazioni muscolari lasciando il prodotto morbido anche dopo lunghi tempi di stagionatura; al taglio si caratterizza per un penetrante odore di finocchio.

uPer la produzione del lardo di Colonnata vengono utilizzati tagli corrispondenti allo strato adiposo che ricopre il dorso dalla regione occipitale fino alle natiche e che lateralmente arriva fino alla pancetta.

Le principali caratteristiche del prodotto sono la forma indicativamente rettangolare, lo spessore non inferiore a 3 cm, l’aspetto esterno contraddistinto da una parte inferiore con la cotenna e da una superiore ricoperta dal sale di stagionatura reso scuro dalle piante aromatiche e dalle spezie; può essere presente una striscia di magro. Nel complesso il prodotto appare umido, di consistenza morbida, di colore bianco, leggermente rosato o vagamente brunito. Il profumo è fragrante e ricco di aromi, il sapore è delicato e fresco, quasi dolce.

La mortadella di Bologna è costituita da una miscela di carni di suino ottenute da muscolatura striata appartenente alla carcassa, ridotta a grana fine con il tritacarne, lardelli di grasso suino di gola cubettato, sale, pepe intero e/o in pezzi, insaccata in involucri naturali o sintetici e sottoposta a un prolungato trattamento di cottura in apposite stufe ad aria secca con temperatura non inferiore a 70°C

Il prodotto ha una forma ovale con consistenza compatta; al taglio ha una superficie vellutata di colore rosa vivo uniforme e nella fetta devono essere presenti, in quantità non inferiore al 15% della massa totale, quadrettature bianco perlacee di tessuto adiposo. Ha profumo aromatico e gusto delicato, senza tracce di affumicatura.

uLa Mortadella di Prato è un prodotto di salumeria costituito da un impasto di carni suine, sale marino, aglio, spezie ed alkermes, insaccato e sottoposto a cottura.

Il prodotto può essere commercializzato intero o a tranci con un peso variabile da 500 grammi fino a 10 Kg. Si presenta esternamente di colore rosato tendente all’opaco con aspetto liscio o rugoso in ragione del tipo di budello usato per l’insaccatura. Internamente ha un colore rosa scuro con macchie bianche dovute ai cubetti di grasso.

La materia prima destinata alla produzione della Mortadella di Prato deve rispondere, quanto a zona di origine, razze, età, peso, caratteristiche, nonchè prescrizioni di allevamento, alimentazione e macellazione, ai requisiti posseduti dai suini destinati alla produzione del Prosciutto di Parma DOP.

I prodotti dolci IGP

Il nome cantuccio o cantuccino compare per la prima volta nel 1691, nella terza edizione del dizionario dell’Accademia della Crusca, che lo definiva un ‘Biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo’.

Nelle ricette della seconda metà dell’Ottocento si evidenzia la presenza delle mandorle.

L’abbinamento con il Vin santo, anch’esso tipicamente legato allo stesso territorio, ha contribuito ancor più alla reputazione internazionale dei Cantuccini Toscani/Cantucci Toscani di biscotti da dessert.

La ricetta attuale del Panforte risale al 1879, quando fu realizzato per la prima volta in onore della Regina Margherita in visita a Siena per il Palio d’agosto.

Il dolce fu ribattezzato Panforte bianco o Panforte Margherita, diverso dalla versione precedente per il minor impiego di spezie e per la copertura a base di zucchero a velo. La tradizione di gustare il Panforte di Siena durante le feste natalizie è tuttora molto presente, e segnalata già ai tempi dell’Artusi nel suo manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” (1891), nel quale il dolce viene raccomandato per il pranzo di Natale.

Il Panforte di Siena IGP è di forma rotonda se commercializzato intero, a spicchi se commercializzato al taglio. La superficie è mossa e irregolare, il colore è bianco per il velo di zucchero che lo ricopre. La consistenza è pastosa, il sapore è dolce, con retrogusto di frutta candita, mandorle ed un leggero sentore di spezie.

uNel 1891 viene pubblicata la prima edizione del fondamentale volume “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, primo esempio di ricettario della tradizione gastronomica nazionale. La ricetta n. 629, dedicata alla lavorazione del prodotto in questione, reca nel titolo la denominazione “Ricciarelli di Siena”.

La diffusione commerciale del prodotto fuori dei circuiti regionali, si ha a partire dai primi del ‘900 grazie alla nascita di alcune aziende produttrici tutt’oggi presenti nella lavorazione del prodotto.

Ricciarello di Siena IGP si ottiene dalla lavorazione di un impasto a base di mandorle, zucchero, albume d’uova, successivamente cotto in forno. Hanno forma a losanga ovalizzata, la superficie è di colore bianco per la copertura dello zucchero a velo, con eventuale presenza di diffuse crepature della pasta, mentre il bordo è leggermente dorato. All’interno sono di colore beige leggermente dorato. Il sapore e l’odore sono quelli tipici della pasta di mandorle.

Il pregio e la tipicità della carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale è dovuto alla combinazione tra il patrimonio genetico delle razze ed il sistema di allevamento e di alimentazione utilizzato.

La carne del Vitellone dell’Appennino centrale è ottima alla griglia.

Prodotti a base di castagne IGP

La coltivazione del castagno nella zona del Monte Amiata avviene a quote comprese fra i 350 e 1000 m s.l.m., le condizioni ambientali ottimali conferiscono al prodotto particolari caratteristiche organolettiche. Durante la fase produttiva non possono essere utilizzati fertilizzanti di sintesi e fitofarmaci e la raccolta, che avviene da metà settembre a metà novembre deve essere fatta a mano o comunque con mezzi meccanici idonei tali da salvaguardare il prodotto.

La pezzatura minima ammessa è pari ad ottanta castagne per chilogrammo netto allo stato fresco e la commercializzazione avviene in contenitori per alimenti a retina.

Il marrone del Mugello è caratterizzato da una pezzatura medio-grossa (non più di 80 frutti/Kg), di norma una faccia laterale tendenzialmente piatta e l’altra marcatamente convessa, la cicatrice alla base di forma rettangolare generalmente piatta e di colore più chiaro.

Il seme, di norma uno per frutto, si presenta di polpa bianca, croccante e di gradevole sapore dolce con superficie quasi priva di solcature.

Cereali e legumi IGP

Il fagiolo bianco di Sorana si distingue per la buccia sottile, quasi inconsistente, che non si stacca durante la cottura; le dimensioni sono ridotte rispetto al normale cannellino, la forma è schiacciata, tanto da essere chiamato localmente “piattellino”.

Ha colore bianco perlaceo con striature e riflessi rosati; una volta cucinati i fagioli diventano un purè, gustosissimo al palato e di facile digeribilità.

E’ altamente salutare, sazia e dà energia, nutre e non appesantisce la digestione. E’ particolarmente adatto per preparare torte salate, ma in cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre.

Altri prodotti IGP

Il fungo di Borgotaro si caratterizza per un aroma profumato e un “odore pulito, non piccante e senza inflessioni di fieno, liquirizia, legno fresco.

Quest’olio ha un colore dal verde al giallo con variazione cromatica nel tempo, un odore di fruttato accompagnato da un sentore di mandorla, carciofo, frutta matura e un sapore fruttato marcato. L’acidità massima consentita è pari allo 0,6%.

I prodotti PAT

Alcuni PAT

  • Tartufo marzuolo e scorzone
  • Biscotti di Prato
  • Castagnaccio
  • Cenci
  • Fagiolo zolfino
  • Cecina
  • Gnudi
  • Ricciarelli

Cantucci o Biscotti di Prato

I cantucci sono andati scomparendo (oggi, di loro resta soltanto l’inflazionatissimo nome), i Biscotti di Prato hanno progressivamente acquisito la loro identità fino a diventare una prelibatezza autentica: farina, uova, zucchero, mandorle e pinoli vengono impastati a formare dei filoncini che sono cotti in forno e poi tagliati, ancora tiepidi, a losanghe. La versione più antica dei cantucci, che risale al XVI secolo e la cui origine è Toscana, non esiste più ed era una sorta di pane biscottato tagliato obliquamente, più simile alle odierne fette biscottate che a biscotti veri e propri.

Siamo nel XVI sec., grazie alla celebre “bozza pratese”, un pane bianco “sciocco”, la maestria dei panettieri pratesi era riconosciuta anche dai Medici, che ne andavano talmente pazzi da non volere altra qualità di pane quando soggiornavano nella loro Villa di Poggio a Caiano, considerando la “bozza” migliore anche dei pani prodotti a Firenze. I primi Biscotti nascono proprio in quell’epoca, quando le distinzioni tra forni e pasticcerie erano meno nette di oggi, ed hanno come progenitore proprio questo pane. Narrano infatti le cronache del tempo che Francesco I De’ Medici fosse cosi goloso di “bozza” da volerla anche in versione dolce; i fornai lo avevano accontentato, aggiungendo alla ricetta del pane albumi, zucchero e anice e modificando la tecnica di cottura: dopo aver cotto i filoncini, nella forma classica del pane, li tagliavano a tocchetti e li rimettevano in forno (“bis-cotti”), garantendo cosi una maggior conservabilità. Anche per questa ragione i “bischotelli”, come vennero chiamati, oltre ad essere sempre presenti nei menu dei banchetti di corte, finirono presto anche nella bisaccia dei pellegrini, confortandoli durante i loro lunghi viaggi. Fu in questo periodo che si diffuse il nome di “cantucci” o “cantuccini”.

Per secoli imperò la confusione, almeno fino a quando Amadio Baldanzi, nel XVIII secolo, trascrisse la ricetta ufficiale in un documento conservato nell’Archivio di Stato della città e datato 1779: i “cantucci” impallidiscono di fronte all’abbondanza e alla raffinatezza di questa versione, che vanta un impasto più ricco (mandorle e pinoli), più grasso (burro) e più profumato (vaniglia e limone al posto del più economico anice). Baldanzi li aveva sì chiamati Biscotti, ma “alla Genovese”: fu anche per questo che la confusione rimase, complice anche l’avvio di una produzione industriale che predilesse il più originale “Cantucci” al più anonimo “Biscotti”, nonostante i cantucci, nella loro versione antica, fossero già allora praticamente scomparsi. L’Accademia della Crusca nel 1691 aveva già definito i cantucci un “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo“. Le mandorle non erano presenti e appaiono solamente a casa di Caterina De’ Medici.

Il guizzo arrivò da un Pratese doc, Antonio Mattei, “già fabbricante di cantucci”, come si legge ancor oggi nell’insegna del suo storico locale di via Ricasoli, che un bel giorno decise di abbandonare la ricetta genericamente toscana per dare nuova vita a quella della sua città: nacque così il Biscotto di Prato. Mattei, nel XIX secolo, iniziò a preparare biscotti con questa ricetta, che da allora è rimasta tale e quale e che gli valse una menzione speciale all’esposizione universale di Parigi del 1867.

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